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CollanaPaginediTeatro/

scheda autore

Collana/PaginediTeatro/4

Titolo:

Godot 3.0

 

Autore: Patrizia Fazzi

Fotografie di Antonella Barbera e Fabio Leone

 

Formato: 21x29,7 cm

brossura

88 Pagine

 

60 Fotografie a colori

 

Copertina: Studio Maurizio Vetri

 

isbn 978-88-99782-46-7

 

Prima edizione Aprle 2019

 

Prezzo di copertina: Euro 20,00

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“Se avessi saputo chi è Godot l’avrei scritto nel copione“

 

Così esordisce Samuel Beckett rispondendo alla annosa domanda di chi fosse Godot.

Aspettando Godot è una tragicommedia costruita intorno alla condizione dell’attesa. La grandiosità di Godot sta proprio nella sua astrattezza, o meglio nella sua totale apertura: l’attesa di Vladimiro (Didi) ed Estragone (Gogo) è l’Attesa con la A maiuscola, la sintesi di tutte le attese possibili.

La prima trovata scandalosa del capolavoro beckettiano è questa: il protagonista è assente.

Aspettando Godot è una commedia in cui non accade nulla, per due volte: due uomini attendono un terzo uomo. Questo terzo uomo non arriva.

Fine

Aspettando Godot con la sua messa in burletta del linguaggio teatrale, con le sue citazioni teologiche e turpiloquio, con il mix dei generi tragedia, commedia, teatro comico, gag da cabaret, con il suo disinnescare azione, trama, significato, con le sue pause, i suoi silenzi, i suoi ritorni inconcludenti, ha riassunto, polverizzato e ricreato il teatro.

L’opera è divisa in due atti, nei quali non c’è sviluppo nel tempo, poiché non sembra esistere possibilità di cambiamento. Apparentemente sembra tutto fermo, ma a guardare bene “tutto è in movimento”.

Il tempo sembra “immobile”. Eppure scorre. I gesti che fanno i protagonisti sono essenziali, ripetitivi. Vi sono molte pause e silenzi. A volte si ride, a volte si riflette in Aspettando Godot, come se si fosse a “teatro o al circo” (dicono i personaggi).

Nella cultura popolare Aspettando Godot è divenuto sinonimo di una situazione esistenziale, in cui si aspetta un avvenimento che dà l’apparenza di essere imminente, ma che nella realtà non accade mai e in cui di solito chi l’attende non fa nulla affinché questo si realizzi .Il testo ha una struttura ellittica che si sviluppa tornando daccapo al già detto, al già vissuto. Ma la ripetizione non è mai uguale alla precedente.

I toni dei due attori hanno una limpidezza che induce all’ascolto, individuando in quelle loro frasi all’apparenza ripetitive e talvolta banali, il segreto scavare dell’angoscia esistenziale, insieme a una disperata volontà di esistere e di essere amati, “salvati” dice Didi.

 

Ridotto ad uno stato di larva, ad una macchietta dell’essere in cerca di nulla: questo è l’uomo per Samuel Beckett. L’autore sistema sulla scena due soli personaggi, Vladimiro ed Estragone, due straccioni ridotti a mangiar porcilaie, ad ingannare il tempo ciarlando o a fare indifferentemente piani di suicidio. Il testo si apre con una frase terribile che verrà richiamata ripetutamente “niente da fare”: i protagonisti compaiono sulla scena di un mondo ridotto ormai ad un deserto incomprensibile, una “diarrea esistenziale”, in cui nulla più c’è da fare, da capire, da chiedere. Solo un filo sottile ci tiene legati, ancora per poco, a questa baracca che è la vita, ed è l’attesa illusoria che si presenti qualcuno, che accada qualcosa, che arrivi Godot e che possa finalmente spiegare tutto.

 

Dramma associato al cosiddetto teatro dell’assurdo , Aspettando Godot venne scritto verso la fine degli anni quaranta e pubblicato dopo la seconda guerra mondiale, in un’epoca post-atomica. La prima rappresentazione si tenne a Parigi nel 1953, la seconda a …, la terza a …, e la 2953esima (?) a Enna dalla Cooperativa Teatrale Nuove Proposte con la regia di Antonio Maddeo che ne fece una riduzione dal titolo Godot in Sicilia e l’ultima nel 2018 diventa Godot 3.0 .

Godot 3.0, infatti, nasce dal desiderio di ri-portare in scena il teatro di un Maestro: Antonio Maddeo, del quale se ne condivide la scelta di una rappresentazione basata sugli “ultimi”.

Gli ultimi di una Sicilia di vagabondi nel “Godot in Sicilia” di Maddeo e di due troppo contemporanei giovani di una qualsiasi periferia del mondo in Godot 3.0, ma entrambi contestualizzati gli uni in un luogo geografico di isolamento e periferia come la Sicilia, gli altri nell’epoca degli invisibili, quella contemporanea, sovrastata da immondizia tecnologica in cui la dignità dei popoli è calpestata dal potere.

Il mondo di Godot 3.0 è caratterizzato da un ambiente deturpato dall’inquinamento, dall’abuso di tecnologia, dalla depressione e dall’apatia di un Estragone senza alcuna voglia di fare e dalla anfetaminica energia di un Vladimiro  qualunque. Personaggi che, seppur nati nel secolo scorso, risultano contemporanei per i loro disagi, per la loro povertà, per la loro affannosa lotta quotidiana contro il vuoto di valori sostituiti dalla ricerca di soddisfare solo i bisogni primari; contro la mancanza di relazioni reali causate dall’abuso di contatti fittizi sui social network; contro la negata volontà di decidere e trovare il coraggio per uscire dalla zona di confort.

Tutto questo Sempre, però, insieme al gigante Beckett, nell’analisi della umana condizione dell’attesa in cui vive, da sempre e per sempre, l’uomo

L'Autore

Patrizia Fazzi,

 classe 1959,nasce come attrice della Cooperativa Nuove Proposte di Enna alla fine degli anni ’70. Partecipa alla realizzazione di tutte le produzioni teatrali che vengono rappresentate in Sicilia, in varie regioni d’Italia e fuori dai confini nazionali tra cui Londra al Covent Garden. Le produzioni spaziano dal Teatro di figura fino al Teatro di strada passando dal Teatro ragazzi e dai Laboratori all’interno di ogni ordine e grado, portando gli spettacoli in prestigiose manifestazioni e festivals. Dal 2005 si occupa di regia indirizzata prevalentemente a giovani studenti. Sue le regie di Scimmie, Se l’arte è donna, Testimoni, insieme ad Antonella Barbera del cortometraggio Franca –vincitore nel 2017 del My Rode Reel, Australia. In Godot 3.0 è la regista.

Antonella Barbera,

classe 1975, musicista e regista ennese, esperta di regia, montaggio e sceneggiatura, si occupa di realizzazione di filmati dal 2004. Studia oboe e flauto traverso presso il Conservatorio V. Bellini di Caltanissetta. Nel 2005 dirige il suo primo cortometraggio “L’Albero delle trasparenze” e dal 2009 inizia il sodalizio artistico con Fabio Leone con cui realizza numerosi cortometraggi, spots, documentari e videoclip musicali. In Godot 3.0 si occupa della regia delle immagini insieme a Fabio Leone.

Fabio Leone,

classe 1979, fotografo, musicista e video maker, laureato al Dams di Palermo nel 2004 ha conseguito un master universitario in Comunicazioni e Linguaggi Non Verbali alla Cà Foscari di Venezia nel 2007. Appassionato di arti dell’immagine dal 2006 si occupa di video arte, fotografia e realizzazioni filmiche con Antonella Barbera, sua compagna nell’arte e nella vita. In Godot 3.0 è coregista con Antonella Barbera delle immagini.

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